Alcatraz – Season Finale


E’ finita una delle serie più attese dell’anno 2012, la pluriosannata prodotta da JJ Abrams Alcatraz. E’ finita e probabilmente finirà molto male, visto che è difficile salvare una serie che alla premiere parte con 10 milioni di spettatori ed arriva al finale di stagione con solo 4 milioni e mezzo, perdendo circa mezzo milione di spettatori a settimana, nel corso delle sette settimane in cui è andata in onda.

E’ difficile anche salvare una serie che era stata preannunciata come l’evento dell’anno, ma che col passare del tempo si è rivelata abbastanza scontata, inducendo probabilmente gli spettatori a mollarla e, quelli che hanno continuato a seguirla, a farlo per inerzia. Si, perchè va bene dire che la serie è prevalentemente a trama verticale, ma non si può pretendere che il pubblico si affezioni ad una serie su cui viene creato un certo hype, un certo mistero di fondo (tra l’altro molto molto affascinante) , che viene spiegato col contagocce per un totale di forse 30 minuti su tutti i circa 500 dell’intera serie.

Non si può pretendere che il pubblico segua una serie in cui, appunto, viene creato un mistero da sviluppare possibilmente in maniera interessante, e in cui la trama si riduce ad un semplice poliziesco con la sola particolarità che i criminali hanno già fatto esattamente le stesse cose 50 anni fa. Così come non si può pretendere che il pubblico si affezioni a polizieschi (perchè, per carità, vanno bene i polizieschi) in cui non solo il pubblico sa già tutto su chi è il ricercato, ma anche i protagonisti della serie. Infatti il clichè creato con Mr. Soto è qualcosa che alla lunga rischia di diventare patetico e alla fine lo è diventato: il criminale colpisce, arriva la comunicazione nella stazione di controllo dell’FBI e Soto, istantaneamente, recita ad alta voce il nome del ricercato, condendolo da alcune espressioni tipiche americane come “holy crap!” o “oh my God!”, che non possono essere niente di più scontato.

Ero partito molto ben disposto verso la serie, per 3 o 4 puntate sono riuscito a non arrabbiarmi per come veniva sviluppata la trama. Poi dalla quinta puntata in poi veniva dato agli spettatori un piccolo biscottino giusto per renderli contenti e nelle ultime puntate c’è stata un esplosione, con cui la serie si è obiettivamente risollevata. Per non parlare del fatto che con un finale così (meglio che non vi spoilero niente, se ci tenete guardatelo), sono anche molto incuriosito e voglio senza ombra di dubbio una seconda stagione. Seconda stagione che, visto il trend negativissimo degli ascolti, quasi sicuramente non ci sarà. Il che vuol dire serie troncata senza un finale. Niente di peggio.

Vi anticipo che quando più o meno saremo in dirittura di arrivo per la fine della stagione televisiva/telefilmica, sto preparando un post con la classifica di tutte le serie che ho visto in questa stagione. Visto che parlerò di tutte le serie viste, questa sarà in classifica, ovviamente. A voi l’incombenza, alla luce di quanto ho scritto, di ipotizzare il posto più adatto!

Se7en


Se in questo periodo David Fincher è uno dei registi di thriller più in auge e più ricercati dalle produzioni d’oltreoceano, il merito va sicuramente ai due cult movie “Fight Club” e “Se7en”. E’ proprio del secondo che vi voglio parlare oggi, che grazie alla sua trama, alla costruzione dei personaggi protagonisti della storia e all’ambientazione, è riuscito a catturarmi in maniera molto molto particolare, in un genere che apprezzo moltissimo.

La trama in breve: William Somerset (Morgan Freeman), agente prossimo alla pensione, viene incaricato di occuparsi di un caso insieme al detective David Mills (Brad Pitt), designato a subentrare al posto dell’anziano collega una volta in pensione. Vengono chiamati sulla scena di un efferato delitto, in cui un uomo, obeso, è stato legato e costretto a mangiare a dismisura, fino a scoppiare. Il giorno seguente, l’avvocato Eli Gould viene ritrovato morto e mutilato. L’avvocato, noto per aver difeso ed essere riuscito a far assolvere ogni sorta di criminale, viene ritrovato nel suo ufficio, sul cui pavimento è scritta, col suo stesso sangue, la parola “Greed” (avarizia). Poco più tardi Somerset trova sul luogo del primo delitto un incisione con la scritta “Gluttony” (gola). Ciò porta entrambi a convincersi di avere a che fare con un assassino seriale, che uccide chiaramente le proprie vittime basandosi sui peccati capitali di cui essi stessi sono colpevoli.

Il film è decisamente entrato nella storia del genere soprattutto grazie all’interpretazione di Kevin Spacey. D’altronde l’ha detto pure CapaRezza in una sua recente canzone “And the winner is… Kevin Spacey”. Il personaggio da lui interpretato, lo spietatissimo assassino, provocatore, predicatore John Doe, è quanto di meglio si possa chiedere ad un serial killer in un film. Anche un Brad Pitt, ormai non più tanto agli inizi, affiancato dallo straordinario e più esperto Morgan Freeman, così come ciò che succede sul set si rispecchia nel film. Mentre Somerset è un poliziotto riflessivo, dotato di grande esperienza e calma nell’affrontare i problemi del suo lavoro, l’inesperienza di Mills si rispecchia nel suo carattere. Impulsivo, talvolta ai limiti del violento e talvolta ancora pessimista.

Lo sviluppo della trama avviene su un ritmo costante. Non essendo un film d’azione, ai registi non è interessato condire il film con inseguimenti, sparatorie o quant’altro (cosa che ormai viene usata e abusata fin troppo), ma ci si concentra sui dialoghi, sulle indagini, si dà qualche sguardo alla vita privata dei due protagonisti. Importante è il personaggio di Tracy Mills, moglie di David, interpretata da Gwyneth Paltrow, che fa da spalla e consigliere in alcune scene ambientate in casa Mills.

Machete


Machete si presenta allo scontro completamente disarmato.

Cito l’amico che mi ha porposto la visione di questo film dicendovi: “Questo è il film definitivo: c’è l’azione, c’è il sangue, c’è la commedia, c’è lo splatter, c’è la gnocca, c’è la storia d’amore, c’è il messaggio politico e… c’è Steven Seagal!”. Quindi non si può fare altro che partire sotto grandi, grandissime aspettative, sapendo già che quello che ti sta avvicinando a vedere sarà una tamarrata assurda, ma una tamarrata di livello impareggiabile. Già, perchè il cast è decisamente stellare innanzitutto: Robert De Niro, Jessica Alba, Lindsay Lohan (che ci regalano entrambe una scena di nudo a testa, sputiamoci sopra…), Don Johnson (Nash Bridges ve lo ricordate?), Jeff Fahey (Frank Lapidus in Lost), Michelle Rodriguez, il già citato Steven Seagal e il protagonistissimo Danny Trejo (“C’era una volta in Messico” e “Dal tramonto all’alba”).

La trama in breve: Machete, ex agente federale a cui è stata uccisa la moglie durante la sua ultima missione, viene assoldato da Michael Booth, una specie di consigliere del senatore del Texas McLaughlin, per fare un attentato al senatore. L’attentato si rivelerà un piano malefico per far aumentare i voti e far costruire una recinzione sul confine tra Texas e Messico, per impedire ai messicani di entrare nello Stato.

In tutto questo, come vi dicevo, c’è molta azione, volutamente rappresentata in maniera talvolta irreale, con armi improbabili e quant’altro. Danny Trejo offre una prestazione sul set veramente convincente, entrando alla perfezione nel personaggio. Il suo volto quasi inespressivo inoltre lo aiuta nel dire le sue pochissime, apatiche ma esilaranti battute. “Machete non manda messaggi” penso sia la frase che vince su tutte. Ovviamente si smentirà, inviando un messaggio con scritto “Hai rotto le palle al messicano sbagliato”. Tutti i personaggi al di fuori di Machete e dei suoi alleati, hanno l’unica funzione di morire, in qualche modo. Persino il fratello, padre Cortez, viene crocifisso all’interno della sua Chiesa da degli scagnozzi mandati da Booth.

Altra cosa su cui il film vince è la gnocca e il ruolo che assume all’interno della pellicola. Fondamentalmente servono a fare scene di nudo, come Jessica Alba, Lindsay Lohan e l’attrice che interpreta sua madre, o ad andare a letto con Machete, il tutto per amplificare la creazione e la mitizzazione del personaggio. Menzione d’onore per Michelle Rodriguez, che interpreta Luz, una venditrice di Tacos alleata di Machete, che nello scontro finale si “trasforma” in Shè, una specie di vendicatrice con una benda sull’occhio (non vi dico il perchè) che ricorda neanche tanto vagamente (e nemmeno tanto casualmente) il personaggio di Elle Driver in Kill Bill.

Per darvi in più il gusto di vedervi il film, non vi dico come muore Steven Seagal, sappiate solo che nella lista di innumerevoli film che ha fatto e dei mille personaggi da lui interpretati da protagonista, solamente uno muore. Ecco in questo film lui muore, ma morirà in un modo che servirà solamente a mantenere vivo il mito Steven Seagal (per chi ce l’ha e lo coltiva!).

Nel finale si trova anche tempo per annunciare due sequel: “Machete uccide” e “Machete uccide ancora”! Inutile dire che li attenderemo con grandissima impazienza!

The Walking Dead – Season Finale


Siamo arrivati. Dopo 5 mesi ci siamo, è finita anche la seconda stagione di The Walking Dead. Serie discussa, controversa, diversa dalla prima in molti aspetti. Prima di tutto l’azione, nettamente diminuita e diluita maggiormente nel corso dei 13 episodi (nella prima stagione, più concentrata, erano 6). Seconda cosa, che va di pari passo con la prima, il calo del ritmo: la narrazione delle vicende dei personaggi si fa molto più riflessiva, gli zombie si vedono poco rispetto alla prima stagione e i veri mostri diventano gli umani.

Ma ora parliamo della puntata finale. Avevamo scoperto alla fine della penultima puntata che i morti diventano zombie anche se non vengono morsi da uno zombie, ci eravamo lasciati con Karl che spara allo zombie di Shane (appena ucciso da Rick) e attira verso la fattoria un’orda infernale di zombie. Ed è proprio su questo che si concentra la prima metà della puntata. Un concentrato di pura azione ed adrenalina, in cui qualche personaggio secondario ci lascia, sopraffatto dagli “erranti” e qualche altro viene abbandonato, creduto morto. Sto parlando proprio di Andrea, che alla fine verrà ritrovata e salvata da un misterioso ninja, coperto da un mantello, armato di spada e con al guinzaglio due zombie incatenati.

Nella seconda parte invece, quelli che si sono salvati dalla guerriglia contro gli “erranti” si ritrovano nell’autostrada in cui era iniziata questa seconda stagione, per decidere dove recarsi, vista l’impossibilità di tornare alla fattoria, ormai invasa. In questo frangente Rick confessa a Lori di essere stato lui ad uccidere Shane e Karl ad abbatterlo una volta diventato zombie. Confessa anche il segreto che si portava dietro da molto tempo, ovvero che tutti sono infetti (e che , di conseguenza, una volta morti si diventa zombie) e per questo ha una forte lite col gruppo. A fine puntata, in un immagine molto evocativa, ci viene introdotto abbastanza vagamente il luogo in cui si svolgerà la prossima stagione.

Una piccola perla, che vi metterò qui sotto, un’inquadratura che mi è particolarmente piaciuta. Hershel, che, solo ed inquadrato di spalle, armato solo con un fucile, spara alla valanga di zombie che sta sopraggiungendo, mentre sullo sfondo vediamo il fienile in fiamme.

Con questa inquadratura, una delle mie preferite mai viste in un telefilm, si chiude il mio commento su questa stagione. Vi anticipo inoltre che, quando la stagione telefilmica si avvierà verso la conclusione cercherò di abbozzare una classifica di tutte le serie che ho visto durante questa stagione ed ovviamente potrete vedere un piccolo commento anche su questa!

Il ritorno dei morti viventi


“Tu te lo ricordi quel film che si chiamava La notte dei morti viventi?”
“Certo, sì. È quello dove i cadaveri si mangiano la gente! Certo!..ma che cosa c’entra?”
“Lo sapevi tu che la storia di quel film è una storia vera?

Generalmente mi piacciono dei film seri o comunque dei film fatti in un certo modo. Ogni tanto però coltivo la passione per i cosiddetti B-Movie o film trash che dir si voglia. Quindi su proposta di qualche amico che se ne intende più di me riguardo questo genere, mi sono guardato questo film, nato come parodia/tributo a “La notte dei morti viventi” di Romero (che, tra parentesi, mi manca. Cercherò di provvedere.).

La trama in breve: Freddy lavora per la Uneeda, una società che si occupa di esportare cadaveri per le università e scheletri per le facoltà di medicina. Durante il suo primo giorno di lavoro il reggente Frank gli racconta di una fuga di un gas, chiamato “triossina 204”, avvenuta nel 1968, che avrebbe fatto risvegliare i morti, per la quale Romero avrebbe preso spunto per girare il suo famosissimo film. Per errore, alcuni dei morti viventi “nati” in quel periodo furono mandati alla Uneeda che li conserva tuttora. Frank decide di mostrargli e per far vedere a Freddy che non c’è da preoccuparsi, dà un colpo a un barile in cui si trova un morto vivente, dal quale fuoriesce un gas che li stordisce. Mentre i due sono svenuti uno dei cadaveri che stavano nell’obitorio è resuscitato e pretende di uscire. I due, aiutati da Burt, superiore di Frank, decidono di ucciderlo nel modo classico insegnato dal film di Romero, ovvero sfondandogli il cranio. Non riuscendovi, lo tagliano a pezzi e lo portano da Ernie, un imbalsamatore, che decide di bruciarlo nel forno crematorio. Il falò però provoca la fuoriuscita di gas tossici, che provocano una pioggia “acida” che fa risvegliare tutti i morti del cimitero li accanto.

E’ abbastanza inutile tentare di fare una recensione seria o un commentio serio di questo film, che è senza ombra di dubbio il teatro dell’assurdo. Intanto ogni nostra convinzione sugli zombie viene spazzata via nel giro di un’ora e venti di film. Non basta spaccargli il cranio per ucciderli, non possono morire in alcun modo, l’unico modo è bruciarli. Altra cosa, sono molto molto svegli, al contrario del fatto che teoricamente non hanno un cervello funzionante.

Il film è diventato un cult del genere, lo si può quasi definire una commedia nera, con alcune scene che rimarranno senza dubbio impresse e provocheranno risate a chiunque guarderà questo film da ora in avanti.

Uno degli zombie più ridicoli della storia del cinema sugli zombie!

Il primo zombie che compare viene colpito in testa con una picconata, questo non muore, allora i protagonisti decidono di tagliargli la testa con un seghetto. C’è uno zombie nano che a un certo punto del film comincia a correre. Ridicolissimo! Trash, una delle ragazze che compaiono durante il film con un ruolo anche pseudo-importante, rimane nuda per tre quarti della durata del film. Si spoglia durante una festa al cimitero, quando inizia a piovere entra in macchina nuda, le viene data una maglietta ma non i pantaloni e quando, finalmente, viene attaccata dagli zombie, la maglietta si strappa rimanendo ancora nuda. Infine, trasformata in zombie, è ancora nuda! Uno zombie che chiama la centrale tramite la radio della macchina della polizia dicendo “Servono rinforzi”.

Film horror con risate assicurate e che ci toglie ogni convinzione che avevamo sui morti viventi. Creativo!

Buried – Sepolto


Immaginate di svegliarvi al buio e avvolto da un silenzio totale. E di scoprire di essere rinchiusi in una bara di legno sotto un metro di terra. E’ così che Paul Conroy, autotrasportatore americano, scopre di essere stato sequestrato da un gruppo di ribelli che, intercettato e bombardato il suo convoglio, lo hanno rinchiuso nella cassa in cui si trova. Ha con sè un accendino, uno storico zippo tra l’altro, un cellulare, che prende sottoterra (???), e una matita e con questi pochi oggetti dovrà fare di tutto per salvarsi, contattando i suoi sequestratori e le forze americane.

Posto il fatto che mi sconvolge il fatto che tutta la vicenda si svolga il 23 Ottobre, giorno del mio compleanno, il film non saprei bene come valutarlo. Ha delle punte di assurdità suprema, in cui non si capisce bene cosa sia stato fatto, come e perchè. Ma d’altro canto riesce a coinvolgere lo spettatore, o per lo meno ha coinvolto me, che poi è la cosa più importante (di tutti gli altri che me ne frega?).

Dunque abbiamo il film che è nient’altro che un one man e one location show. Tutta la pellicola è girata nella bara, l’unico personaggio in scena è Conroy, degli altri sentiamo solamente la voce tramite il cellulare. Ovvio che la cosa non è facile, quindi dal momento in cui il film riesce a coinvolgere, a creare ansia e aspettativa nello spettatore, visto che la trama, essendo vincolata alla bara, è quella che è, il film può considerarsi buono. Non di certo un capolavoro del genere. In realtà è la prima volta che vedo un film così limitato spazialmente, ma posso aspettarmi di più.

Non mancano alcune assurdità, come la benzina dello zippo che non finisce mai, pur rimanendo sempre acceso, e il fatto che Paul non si accorga di avere un serpente che gli striscia nei pantaloni. Come cavolo si fa???

Dunque un film difficile, ma che coinvolge, non è uno di quelli che o si ama o si odia, infatti a me piace, ma non è che sia chissà che cosa.

The Walking Dead – Ci siamo quasi


E’ andata in onda questa notte la penultima puntata della seconda stagione di The Walking Dead, con alcuni avvenimenti molto ma molto ma molto importanti per il proseguo della serie (che è stata rinnovata da molto tempo per una terza stagione e che tornerà presumibilmente tra settembre e ottobre del 2012). Puntata come dicevo con molti avvenimenti, tra i quali, una scoperta importantissima da parte di alcuni dei personaggi principali della serie.

La puntata parte con il “funerale” di Dale, morto tragicamente e in maniera quasi assurda nella scorsa puntata. Qualche minuto dopo, dopo qualche discorsetto riguardante Dale e la sua “morale”, i personaggi si dimenticano improvvisamente che lui sia mai esistito e ritornano alla vita di tutti i giorni, con Hershel che si convince a far trasferire tutti i “campeggiatori” dentro la sua abitazione. Nel frattempo Rick ha deciso che Randall deve essere portato lontano. Shane, con un sotterfugio, lo “rapisce” all’insaputa di tutto il resto del gruppo e lo porta nel bosco uccidendolo per ordire un suo piano di vendetta contro Rick.

Ed è qui che si scopre una cosa fondamentale, che io vi avevo già anticipato su queste pagine qualche post fa. I morti diventano zombie. L’essere zombie non è una malattia, non si sa da dove arrivi, ma chiunque può diventare zombie. E alla fine della puntata, in un modo o nell’altro, lo diventerà anche Shane.

E ora qualche prospettiva sul finale di stagione e magari sulla prossima serie. Sappiamo che la fattoria sta per essere invasa da un’orda infernale di zombie, lo vediamo dalla scena finale di questa puntata. Sappiamo, di conseguenza, che in qualche modo la fattoria dovrà essere abbandonata o si metterebbe a repentaglio la propria vita. E qualcuno avrà magari anche il coraggio di criticare Rick per le sue doti di leader (in effetti molto discutibili). Prossimo luogo di rifugio potrebbe essere quello presente nel fumetto, che non vi dirò per non spoilerarvi tutto subito, però la cosa non so quanto mi convincerebbe e quanto potrebbe essere credibile in una serie tv.

Miraccomando, non perdetevi l’ultima puntata!

Una notte da leoni


In questo periodo mi è ritornato in mente questo film. Avendo visto “Tre uomini e una pecora”, che, anche se in un modo abbastanza diverso, doveva molto al filone nato dopo il fenomeno di questo film, ho deciso di rivederlo, anche perchè nel mio “repertorio”, manca “Una notte da leoni 2”. Così ho deciso come prima cosa di rivedermi il primo film, per poi, spero a breve, gustarmi anche il secondo.

Per chi non l’avesse ancora visto: Doug, Phil, Stu e Alan sono un gruppo di amici, che, per celebrarem l’addio al celibato di Doug, che si dovrà sposare da lì a due giorni, decidono di partire per Las Vegas, per vivere una notte indimenticabile. Phil e Stu sono due amici di lunga data dello sposo, mentre Alan è il futuro cognato, chiaramente con qualche rotella in meno. Dopo aver preso una suite in un Hotel a Las Vegas, decidono di brindare all’inizio di quell’indimenticabile notte sul terrazzo dell’albergo. Li ritroviamo la mattina dopo, disorientati: la suite è disastrata, c’è una tigre in bagno, un bambino nello sgabuzzino, Stu ha perso un dente e Doug è sparito. Partirà da qui una folle ricerca di Doug, che il giorno dopo si dovrà sposare, che porterà inevitabilmente i tre amici a ripercorrere tutto ciò che è stato fatto in quella folle notte.

E’ chiaro che questo film è stato uno dei fenomeni recenti. In tanti, tantissimi l’avranno visto, vista anche la pubblicità che gli è stata fatta e i commenti entusiastici avuti per presa diretta da amici o quant’altro. Ed effettivamente il film fa ridere, fa ridere molto. Ed è con assoluta sicurezza che dico che il personaggio di Alan è quello che contribuisce nel modo più decisivo alla buona riuscita di questo film. E’ un pazzo, con un cervello di un bambino di dieci anni (forse sono anche troppi) ed è a conti fatti la 2causa” principale di tutto quello che si scoprirà essere successo durante quella indimenticabile-ma-dimenticata notte.

Scrivendo questo commento prima di vedere il secondo film temo seriamente ( e purtroppo mi è stato detto anche questo da molti), che perde in originalità. Beh, è ovvio, come al solito, l’idea iniziale è quella che viene meglio. Poi quando si fa la “replica” si migliorano i dettagli (vedremo) ma poche volte si ottiene lo stesso effetto che si è ottenuto con l’originale. A breve (spero) vedrete cosa ne penso.

Shining


Locandina del film tratta da una scena famosissima, entrata ormai nell'immaginario comune.

Allora. Fare una “recensione” su un film uscito ormai 32 anni fa non è una cosa nè molto facile, nè secondo me particolarmente intelligente, visto che la rete pullula ormai di recensioni su questo film. Quindi in que

sto commento non cercherò di dare un giudizio a un film che per me è ingiudicabile in maniera obiettiva, quanto cercherò di farvi capire cosa è e cosa rappresenta per me questo film.

Intanto Shining è stato il terzo film che ho visto firmato Stanley Kubrick, nell’ordine dopo Full Metal Jacket e Arancia Meccanica. Film che me lo ha fatto amare definitivamente, non fossero bastati i primi due. Inoltre, ormai 6 anni fa, è stato il mio primo approccio serio al cinema horror, ed è forse per questo motivo che quasi tutti i film horror visti successivamente, soprattutto quelli dell’ultimo decennio, mi hanno deluso incredibilmente. Terza cosa, ho letto il libro dopo aver visto il film, il chè generalmente è una cosa che non andrebbe fatta, ma visto l’amore che provavo per il film, il libro dovevo leggerlo per forza. Ecco, diciamo che il libro “Shining” di Steven King (anche da quel punto di vista, primo approccio con Steven King), è stato quello che me lo ha fatto affossare definitvamente. Ebbene si, causa questo libro, non amo, per usare un eufemismo, Steven King. Dopo Shining, finito a fatichissima, ho tentato con “L’Ombra dello Scorpione”, abbandonato alla duecentesima pagina, e con “L’ultimo Cavaliere”, primo libro della saga de “La Torre Nera”, abbandonato dopo 30/40 pagine.

Ma veniamo al film, che per me è e deve rimanere un vero e proprio manifesto del cinema horror. Un cinema horror molto diverso da quello che cercano di farci conoscere oggi, fatto di spaventi improvvisi, urla, sangue, riprese in soggettiva con inquadrature fatte a caso, film fatti in stile amatoriale pseudo-documentario (parlo forse di Paranormal Activity??? O forse di Rec??? Di certo non parlo di The Blair Whitch Project, che devo ancora vedere ma molti dicono sia un autentico capolavoro). Dicevo, un cinema horror che deve essere fatto di tensione, di ottima recitazione, di dialoghi che nascondono qualcosa di subdolo nell’animo del personaggio.

Senza ombra di dubbio i personaggi più inquietanti dell'intero film.

Il film percorre la storia di un albergo, e della famiglia Torrance, che si trasferisce nell’Overlook Hotel per passare l’inverno, durante il quale il protagonista Jack Torrance ha trovato un impiego come custode. La famiglia vive praticamente da sola nell’albergo e, nonostante gli “avvertimenti” del direttore riguardo il senso di solitudine e ciò che è successo alla famiglia dell’ultimo custode, Jack accetta di buon grado.

Ma appare chiaro che l’hotel abbia insito in se qualcosa di maligno, infatti, come dice bene il cuoco Halloran, quando in un posto succede qualcosa di brutto, ne rimangono inevitabilmente delle tracce. Traccfe visibili in maniera particolare da Danny/Doc, figlio di Jack, che ha il potere dello Shining, che gli permette di prevedere eventi futuri, di leggere nel pensiero delle persone e altre cose.

In tutto questo una raccomandazione per Danny: non entrare mai nella stanza 237.

I primi segni della pazzia imminente di Jack.

Ci sono moltissime scene anche, che sono entrate in maniera inevitabile nella cultura popolare. “Vieni a giocare con noi… Per sempre… E sempre… E sempre…”, vi dice qualcosa? Se non vi dice niente vivete fuori dal mondo. “Re-drum… Re-drum… Re-drum…”, anche questa non vi dice niente? Male, anzi, malissimo. Ma se non avete sentito nemmeno questa è meglio che andate subito a studiare: “Cappuccetto rosso? Cappuccetto rosso? Su, apri la porta. Su, apri! Non hai sentito il mio toc, toc, toc? Allora vuoi che soffi? Vuoi che faccio puff? Allora devo aprirla io la porta? Sono il lupo cattivo”.

Un film con una fotografia al limite del perfetto e dello psichedelico, come da tipico marchio di fabbrica di Kubrick, la ricerca della perfezione scenica rende il film qualcosa di veramente veramente speciale. Jack Nicholson interpreta un ruolo diventato leggenda in una maniera veramente estasiante. Un plauso anche a Giancarlo Giannini, suo doppiatore nella versione italiana, che attraverso la cura della pronuncia, il tentativo di dare un accento americano quando vengono pronunciati nomi di persone, città o altro. E’ la perfezione, roba che se i registi che vogliono avere a che fare con l’horror guardassero anche solo un minuto di questo film, il livello delle ultime pellicole del genere sarebbe molto molto più alto.

E se leggete questo articolo e non avete visto il film, vi prego, fatemelo come favore personale anche se non mi conoscete. Davvero, vi scongiuro. Guardate, guardate questo film. Giuro che non ve ne pentirete affatto.

Ultimissima cosa: “All work and no play makes Jack a dull boy”

I Pilastri della Terra


“Io vi maledico, tutti e tre! La vostra Chiesa, amato priore, verrà distrutta dalle fiamme. I vostri figli, mio signore, moriranno sulla forca. E voi, il confessore che ha abusato della mia fiducia. Voi un giorno salirete molto in alto, solo per cadere”. Questa maledizione, pronunciata dalla bocca di uno dei personaggi fondamentali di uno dei miei libri preferiti, viene rivista in questa serie, adattandola alle esigenze televisive.

La locandina dello sceneggiato, con i personaggi principali

La trama in breve (per quanto sia possibile): a Kingsbridge, viene messo a morte sul rogo un trovatore francese, di nome Jack. Una donna, durante l’esecuzione, si alza per invocare una maledizione contro i tre giudici che hanno maggiormente influenzato il processo contro il trovatore: un prete, un cavaliere e un frate. Nel frattempo, durante questi 12 anni, l’Inghilterra è piombata nell’anarchia totale. L’erede legittimo al trono è annegato durante l’affondamento della Nave Bianca 12 anni prima e ora, con il re morente, senza altri eredi maschi, si pone il problema della successione. Tom è un mastro costruttore che, perso il suo lavoro, si incammina con la moglie Agnes e i figli Marta e Alfred nella foresta in cerca di qualcosa per vivere. La moglie partorisce mentre sono in cammino e muore di parto. In tale circostanza Tom conosce Ellen e Jack, madre e figlio, che vivono nella foresta. Tom, in preda alla disperazione per la morte della moglie, decide di abbandonare il figlio appena nato, conscio di non poter provvedere a lui. Il piccolo viene salvato e affidato al priorato di Kingsbridge. Aliena, figlia del conte di Shiring, rifiuta il matrimonio con William Hamleigh, che muove guerra contro la contea di Shiring, catturando il conte e lasciando il titolo vacante. Aliena giura al padre prima della sua condanna a morte, che non avrà pace finchè il fratello Richard non riotterrà le terre che gli erano appartenute.

La famiglia di Tom, arrivata con Ellen e Jack al priorato di Kingsbridge, chiede ospitalità, ottenendola. Jack, per dare un lavoro a Tom, decide di bruciare la cChiesa, così che egli si possa proporre come mastro costruttore della nuova cattedrale. La costruzione, che farà da sfondo a tutti gli eventi narrati, verrà ostacolata dal vescovo Waleran, che è in combutta con l’attuale re Stefano.

Eddie Redmayne nei panni di Jack

La storia, divisa in quattro puntate, è stata ricostruita molto molto bene dai registi. Per chi, come me, ha letto e amato il libro, è molto molto facile essere già affezionati ai personaggi. Personaggi che sono resi molto bene dagli attori che li interpretano in una storia piena di intrighi, sotterfugi, battaglie. Indiscusso protagonista dell’intera storia e Jack, interpretato da Eddie Redmayne, che, prima come allievo e scultore, poi come mastro costruttore, sarà colui che darà realmente vita alla cattedrale. A tutto questo si aggiunge l’emozionante e travagliatissima storia d’amore tra lo stesso Jack e Aliena.

Insomma, chi ha letto il libro sa di cosa si sta parlando, se l’emozione viene resa anche sullo schermo da degli attori. Il formato a serie tv è decisamente il migliore per raccontare una storia così lunga e complessa. Un film non sarebbe certo bastato, tanto meno sarebbe stato fuori luogo fare una cosa come “Il Signore degli Anelli”, che si avvale anche di una spettacolarità/spettacolarizzazione che per “I Pilastri della Terra” non era assolutamente necessaria.